Blu colpisce ancora.
Lo street artist inserito dall’autorevole The Observer in una lista comprendente i dieci artisti di strada più autorevoli del mondo, dopo aver regalato a Roma lavori importanti come quelli che possono essere ammirati sulle facciate del LOA Acrobax, di Porto Fluviale Occupato e dello Studentato Occupato Alexis, ha rivolto le sue attenzioni a San Basilio, trasformando la facciata grigia di una palazzina in un quadro trasudante storia e memoria. Oggetto prescelto da Blu, un San Basilio Magno in carne, ossa, barba e abito talare impegnato, con una cesoia al posto del tradizionale aspersorio, a scassinare lo stesso lucchetto forzato quarant’anni fa dalla gente della borgata, protagonista nel settembre del 1974 dell’occupazione di massa delle locali case vuote, una clamorosa prova di forza popolare capace di sfidare un dispiegamento senza precedenti di forze dell’ordine dando vita alla celebre “battaglia di San Basilio”, da allora evento-simbolo della lotta per la casa e dell’autorganizzazione.
Per rendere omaggio al protagonismo di quei giorni, il San Basilio di Blu è raffigurato come un colosso capace di irradiare una sorta di potere magnetico di fronte al quale un branco di maiali e pecorelle in divisa da poliziotto è costretto a inchinarsi tra dolorose contorsioni, come riconoscendo la supremazia della volontà popolare sul corrotto potere temporale dello stato o, per lo meno, soccombendo alla forza di un santo noto per le parole spese in favore dei diritti degli animali, a cui, chissà, lo stesso Blu potrebbe essersi ispirato:
O Signore, accresci in noi la fratellanza con i nostri piccoli fratelli; concedi che essi possano vivere non per noi, ma per se stessi e per Te; facci capire che essi amano, come noi, la dolcezza della vita e ti servono nel loro posto meglio di quanto facciamo noi nel nostro
Implicazioni teologiche a parte, l’ennesima, bellissima opera di Blu è stata realizzata dall’artista – anonimo per precisa scelta politica – nel corso della grande festa popolare organizzata a San Basilio in occasione dell’anniversario della Battaglia e della morte di Fabrizio Ceruso, un ragazzo di diciannove anni accorso da Tivoli per partecipare alla difesa delle case occupate e assassinato dalle forze dell’ordine con una fucilata.
http://www.senzasoste.it/anniversari/8-settembre-1974-fabrizio-ceruso
Correva l’8 settembre del 1974, e da allora il caso di Fabrizio Ceruso giace insabbiato tra i misteri di una storia che, complice la cossighiana strategia della tensione, ha compreso l’impiego disinvolto di cecchini che, in quegli stessi anni, si presero la vita di altri ragazzi, dalla romana Giorgiana Masi (12 maggio 1977) al fiorentino Rodolfo Boschi (18 aprile 1975), ugualmente impegnati ad esercitare il proprio diritto al dissenso, anche opponendo il proprio corpo alla violenza dei tanti abusi in divisa che non hanno mai smesso di insanguinare le strade delle città italiane.
Nel corso della partecipata commemorazione, una festa popolare che, oltre all’esibizione di atleti delle palestre popolari, ha visto la partecipazione del cantautore Pino Masi e di diversi gruppi hip hop tra cui i mai abbastanza lodati Gente di Borgata, l’intervento commosso di Carla Ceruso, sorella di Fabrizio, ha contribuito a ricordare come la figura del diciannovenne di Tivoli, da sempre dimenticata e infamata dalle istituzioni responsabili della sua morte, sia al contrario vivissima nella memoria di tutto il quartiere: dedicare a lui un lavoro firmato da un’artista come Blu, insomma, appariva come un riconoscimento minimo nei confronti di chi, a un quartiere come San Basilio, ha lasciato addirittura la propria vita per garantire il diritto di tutti gli abitanti ad ottenere un tetto sopra la testa.
A pensarla in maniera opposta, però, ci hanno pensato le stesse forze dell’ordine citate da Blu nel suo murales. Talmente colpite dalla provocazione da presentarsi in massa nel cuore della notte per provvedere a cancellare, deturpando il lavoro dell’artista, le pecore e i maiali dotati delle loro sembianze. Con quale autorità? Con quali permessi? Rispetto a quale preparazione e con quale rispetto nei confronti dell’opera d’arte i tutori della legge hanno compiuto un simile gesto?
Il commento dell’assessore ai lavori pubblici Paolo Masini, secondo il quale il lavoro di Blu è da considerarsi illegale oltre che colpevole di violare l’articolo 342 del codice penale (in quanto contenente immagini denigratorie delle forze dell’ordine), è infatti arrivato a cose già fatte. Ma come se non bastasse, da quando è un assessore, anziché un giudice, ad arrogarsi il diritto di applicare leggi e di comminare pene?
Per discettare di legalità, occorrerebbe ricordare a Masini, sarebbe necessario anche vivere nella legalità, essendo stato il comportamento suo e dei tutori dell’ordine coinvolti più appropriato a pseudogiustizieri della notte che non a dei rappresentanti delle istituzioni. A Masini si potrebbe anche ricordare che una simile solerzia sarebbe, dato il ruolo, benvenuta se andasse una volta tanto a ficcare il dito in piaghe come quelle relative agli scandali dei ritardi nei lavori delle metropolitane romane, tanto per fare un esempio, ma evidentemente il comune di Roma si muove secondo priorità estremamente distanti rispetto a quelle sentite dalla popolazione. A testimoniarlo, lo stesso sindaco Ignazio Marino che, a detta di quanto riportato dai giornali, si è affrettato a telefonare al Questore “per ribadire il proprio ringraziamento riguardo l’attività quotidiana svolta dalle donne e dagli uomini delle forze dell’ordine a tutela della sicurezza delle romane e dei romani”.
A Marino occorrerebbe forse far sapere che tra le romane e i romani tutelati dalle forze dell’ordine c’è un ragazzo come Stefano Cucchi, assassinato il 22 ottobre del 2009, e che nessun rappresentante delle istituzioni ha ritenuto opportuno alzare il telefono per un abitante dei quartieri popolari quel giorno. Questo non accade a Roma, ma neppure a San Basilio, dove l’ultimo intervento comunale a favore della vivibilità del territorio e della sua tutela si perde nella notte dei tempi, segno che al sindaco interessa la sicurezza delle romane e dei romani come ai palazzinari la qualità del cemento utilizzato nell’edificazione dei loro scempi… altrimenti, d’altra parte, perché rendersi artefice di un provvedimento come quello passato sotto silenzio ultimamente, una ristrutturazione dei commissariati con la relativa imposizione della chiusura notturna per gran parte di questi (ben 29 dei 39 totali) e il dirottamento delle forze disponibili sull’ordine pubblico – per tenere meglio a bada le manifestazioni di piazza – e negli uffici della digos: repressione dell’opposizione sociale, quindi, questa è l’unica idea di “sicurezza” presente nella testa di Marino, mentre a poche settimane dall’omicidio del sedicenne napoletano Davide Bifolco, la solerzia può essere spiegata come una mano tesa all’immagine delle stesse forze dell’ordine, quanto mai appannata.
http://www.romatoday.it/politica/chiusura-notturna-commissariati-roma.html
In ogni caso, non è certo questa la prima volta che la street art affronta o si scontra con il tema della sicurezza. Negli ultimi anni, in virtù del successo del movimento, si sono sprecati i tentativi istituzionali di utilizzare persone e linguaggi della street art per dare verso l’esterno un’immagine “giovane”, dinamica e futuribile di enti locali o governativi. La stessa San Basilio, attraverso un progetto finanziato dal comune, ha conosciuto la pratica dei “muri legali”, tentativi di riqualificazione urbana che hanno visto impegnati street artist importanti come il bravissimo Agostino Iacurci. Ma, da questo punto di vista, è inaccettabile il commento del rappresentante del progetto, secondo il quale: “A distanza di pochi mesi dal progetto ‘SanBa’, studiato e approvato per la riqualifica del nostro territorio che ha visto protagoniste le scuole i bambini e molte realtà sociali buone di San Basilio, questo murales entra a gamba tesa e spiazza noi tutti, compreso chi ha nel cuore anche il lato religioso e morale del quartiere”.
Si tratta del classico tentativo di dividere i buoni dai cattivi per tracciare un confine inesistente tra street artist legali e illegali ai quali i protagonisti si piegheranno molto difficilmente. Al di là del campo libero delle scelte personali, infatti, la street art non perde di senso quando entra nelle gallerie, ma quando dimentica che l’arte non è nata per abbellire le case dei potenti o per soddisfare le necessità di istituzioni antipopolari, ma, al contrario, nel caso della street art per riappropriarsi – per occupare – lo spazio pubblico dell’immaginario sottraendolo al monopolio che la pubblicità a pagamento e/o la propaganda di regime intende esercitarci. Per questo tra street art e forze dell’ordine – sensibilissime alla loro immagine e mai sazie di fiction televisive progettate solo per esaltare chi indossa la divisa – è un eufemismo dire che non corra affatto buon sangue. Lo stesso ricchissimo e popolarissimo Obey, noto per aver realizzato l’icona che avrebbe spianato ad Obama la strada della vittoria elettorale (ma su questo argomento l’artista ha fatto autocritica…), vanta un curriculum di ben 19 arresti, l’ultimo dei quali subito nel corso dell’inaugurazione di una sua mostra in un ufficialissimo museo di arte contemporanea statunitense!
Le forze dell’ordine, insomma, bersagliate dalle critiche degli street artist, reagiscono con particolare durezza di fronte a chi pratica l’arte urbana. Non a caso un altro scandalo italiano dimenticato è quello che ha visto protagonista Rumesh Rajgama Achrige, uno street artist diciannovenne di Como colpito a bruciapelo da un colpo di pistola esploso da un membro della locale squadriglia antigraffiti. Era il 29 marzo del 2006. Inutile precisare che neppure in questo caso gli stimati rappresentati delle istituzioni, essendo il ferito soltanto un graffitaro, hanno mai telefonato.