Spelacchio: il Natale secondo la giunta Raggi

Ma se anziché andare ad ammazzare una pianta bellissima, in una capitale mondiale come Roma, questa stronzata dell’albero di Natale venisse sostituita da un concorso di idee finalizzato a realizzare un monumento intorno a un tema dai valori forti – la pace nel mondo, la fratellanza tra i popoli, la giustizia sociale, il diritto alla scuola e alla casa – non sarebbe un vero passo avanti? O forse si preferisce scuoiare un abete e assistere allo scempio della sua agonia perché in questo modo, le contraddizioni che un altro tipo di progetto potrebbe comportare, finirebbero per venire alla luce? Siamo pur sempre nella città in cui i bambini colpevoli di essere poveri vengono sgomberati da casa e cacciati da scuola, alla faccia della dichiarazione dei diritti universali del fanciullo… a cui ovviamente non crede nessuno, tranne gli amministratori che si riempiono la bocca di concetti quali “onestà”, “legalità” e cazzate simili, e che pretendono persino di impartire lezioni sui valori della “democrazia”. Spelacchio, alla fine, non è altro che il prodotto della collisione tra l’essere e l’apparire, è la polvere dell’ingiustizia sociale che si rifiuta di restare sotto il tappeto, è un grido di resistenza radicale, che offre la sua vita per testimoniare che no, non va affatto tutto bene. E che persino il Natale è la festa di pochi: gli stessi pochi che, per condannare a morte Spelacchio, per mettere, cioè, una mano di vernice sopra il dramma sociale che va in scena a Roma tutti i giorni, ha pure speso 50mila euro. Quei soldi, ovviamente, erano degli stessi soggetti – i romani – sfrattati da casa, espulsi da scuola, estromessi dal sistema sanitario, condannati a vivere tra i miasmi della spazzatura non smaltita… mica dei membri della giunta Raggi, qui soldi. Per loro sì che è Natale.

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