Con la sua storia di lunga durata, la lotta per l’indipendenza della Palestina riflette prospettive di portata internazionale e spinge a riflettere sull’imperialismo a partire dai mutamenti a cui anche le strategie di dominio vanno incontro. A dimostrarlo, la preziosa testimonianza di Bruno Breguet raccolta nel libro “La scuola dell’odio. Sette anni nelle prigioni israeliane” (Red Star Press), al centro del dibattito organizzato venerdì 12 giugno con Cristiano Armati, curatore del volume, negli spazi del Centro Popolare Autogestito Firenze Sud (Via Villamagna 27/A).
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Militante ticinese del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Bruno Breguet ha appena vent’anni quando, nel 1970, viene arrestato ad Haifa dalle autorità israeliane. Accusato di svolgere attività terroristica per conto del Fronte, Breguet viene percosso e torturato a lungo prima di essere trasferito nel carcere di Ramleh dove, per ben sette anni, rimarrà a disposizione dei suoi aguzzini, che riservano ai prigionieri politici i trattamenti più duri senza riuscire ad avere la meglio sulla determinazione con cui i militanti riescono a lottare perfino dietro le sbarre di una cella di sicurezza.
Nella prigione, Breguet continuerà la sua battaglia, rifiutando di scendere a patti con i servizi segreti e, in seguito, organizzando sommosse, preparando piani di evasione e tentando sempre e comunque di comprendere, attraverso lo studio, la natura dei mostri generati da una società divisa in classi nel contesto della guerra di conquista condotta ai danni della Palestina dall’imperialismo israeliano.
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