Recensione e intervista di Silvana Mazzocchi, da Repubblica.it del 20 marzo 2009
RACCONTARE chi non ha voce è arduo. Cercare, dietro le immagini rassicuranti, gli sfondi che nessuno ama vedere, mostrare una normalità del male che la cronaca nera relega nel diverso, nel distante, nel folle, in una parola nell’altro da sé. Un’operazione che può risultare ansiogena e dunque far pensare, intuire che, dietro alla carta patinata, c’è un’altra realtà. Un effetto non sempre bene accetto in tempi di leggerezza a tutti i costi. E’ il bello di Roma noir, l’ultimo libro di Cristiano Armati, già stimato autore di Cuori rossi. Le prostitute bambine della via Salaria, le periferie dove “alle otto di sera chiudono tutto. Anche i bar”. E la droga che ruba la vita, il sangue dei delitti e le rivolte dei ragazzi di borgata. I senza tetto e l’esistenza che si trascina buia, nelle baracche sotto i cavalcavia del raccordo anulare.
Racconti che si muovono tra fatti realmente accaduti e quelli possibili e che aiutano a conoscere l’altro volto della capitale, quello metropolitano comune a tante altre città. Lampi che s’insinuano nell’indifferenza diffusa che addormenta le coscienze, e che ne alzano il velo. Cristiano Armati, giornalista free lance, fa per mestiere l’editor. E’ abituato alle trame e alla parola scritta. Ma il suo linguaggio è originale, crudo. E il suo stile, potente, impetuoso come le sue storie. E come il mondo sotterraneo e clandestino che riporta in superficie.
Roma noir racconta una città altra, nascosta?
“Roma noir parla del lato oscuro di Roma, è vero. Nelle sue pagine scorrono omicidi, stupri e rapine a mano armata. Più in generale, gli scenari ricorrenti riguardano le periferie cittadine, i casermoni popolari e tutti quei luoghi a cui i mezzi di informazione – dalla stampa quotidiana alle guide turistiche… – non sono abituati a dare spazio salvo, quando accade un fattaccio, sbattere i mostri in prima pagina, esprimendosi per luoghi comuni ma senza indagare nelle pieghe dell’emarginazione e del disagio. Scrivendo il libro avevo in mente una tradizione letteraria e cinematografica importante ma pressoché dimenticata: la tradizione del neorealismo; una prospettiva che non si è limitata a dare spazio a voci autentiche, prese dalla strada, ma che ha mostrato come le “vite maledette” crescano con la complicità dell’indifferenza e della disuguaglianza. Per questo motivo credo che esista una vera e propria “Roma nascosta”: una vitalità tragica e disperata fino al punto da non trovare, nei salotti buoni della città, parole che possano descriverla o rappresentarla. Io ho cercato queste parole insieme a una lingua che potesse essere vicina all’esperienza delle borgate. Ad aiutarmi in questo percorso, i paesaggi di zone come Nuovo Salario o Primavalle, i luoghi dove sono nato e in cui vivo attualmente, insieme allo stupore che ho visto negli occhi di chi, lontano dai monumenti del centro, ci passa per caso. E puntualmente dice: ‘Ma davvero è sempre Roma questa qui?'”
Le sue storie sono romane; potrebbero accadere altrove?
“Le brutte storie accadono dovunque, ci mancherebbe. Ma Roma ha dalla sua degli scenari particolari. Penso al Tevere, per esempio. Un fiume che nasconde anfratti di assoluto degrado e che, nei momenti più inaspettati, ha rovesciato sulle spiagge del litorale i poveri resti di reati innominabili. Penso anche alla forma particolare della criminalità capitolina: un sodalizio che ha ereditato l’indipendenza che fu dei bulli romani ma che ha cercato la complicità delle istituzioni e della “malapesante” quando un affare come quello della droga ha garantito introiti miliardari al mercato dell’illegalità. Accanto a tutto questo, il particolare melting pot di cui la città è stata teatro, amalgamando prima l’emigrazione proveniente dalle campagne del meridione italiano e oggi i flussi proveniente da tutte le periferie del mondo. Accanto a tutto questo, serpeggiano malesseri almeno apparentemente minori ma enormemente diffusi: la penuria di alloggi, il costo della vita, le ore necessarie a spostarsi – tra mille disagi – da un punto all’altro di una città enorme… elementi che concorrono a dare alle storie ‘nere’ romane una loro assoluta particolarità”.
Quale futuro per le megalopoli?
“Abbiamo visto quello che è accaduto a Parigi: il disagio può essere ignorato, negato, represso… prima o poi esplode lo stesso però! Anche a Roma si sono vissuti episodi simili a quelli avvenuti oltralpe, basti pensare all’assalto alle caserme scatenatosi all’indomani della morte del tifoso laziale Gabriele Sandri, ucciso da una pallottola esplosa da un operatore di polizia. C’è anche questa storia tra i ventisette racconti che compongono Roma noir: una raccolta che, più che prevedere il futuro, prova almeno a interpretare la realtà”.