Recensione di Luca Moretti, da Terranullius.it
Con la morte di Remo, il Natale di Roma era compiuto e Amor sarebbe stata la parola esoterica che i pontefici avrebbero sussurrato nei secoli dei secoli nelle zone più recondite delle loro celebrazioni. Da quel momento in poi non aveva più nessuna importanza il luogo da dove si veniva, né si sarebbe dato credito a ciò che ognuno si lasciava alle spalle: chiunque avesse avuto la voglia di entrare nel solco tracciato da Romolo e santificato da Remo sarebbe diventato il figlio del dio della guerra e della dea dell’amore, sarebbe diventato un romano.
Ci sono momenti in cui Roma mi è sembrata oscura, buia: quando hanno ammazzato Paolo Frau ad Ostia, quando periodicamente andavo a fumare all’Idroscalo, luogo scempio dell’omicidio di Pasolini o quando mi fermavo davanti alla lapide in onore di Paolo Rossi alla Sapienza. Sono pochi anni che si cerca di dare una sistemazione concettuale al crimine romano, in fin dei conti Roma è la capitale, a Roma ci sono i ministeri e gli stronzi in doppiopetto, a Roma c’è il Tevere che trasborda e topi grandi come lontre, ma questa è un’altra storia e in certe fogne è meglio non scavare.
Roma è stata, è e rimarrà nei secoli una città oscura, che nel crimine di piazza come in quelli di palazzo, ha fondato il suo benessere e la sua sopravvivenza, è stata il luogo di convivenza corale tra pezzenti e politici, killer e ingegneri, folli e tristemente sani di mente.
Cristiano Armati e Yari Selvetella attraversano la Città Eterna spinti da un vento freddo che ricongiunge e si fa sintesi del luogo, dalle borgate pasoliniane fino ai centri più oscuri del potere. Roma Criminale ripercorre la storia della capitale dalla sua fondazione, a partire da Romolo, nuovo Caino, fino alle cronache recenti, all’omicidio di Marta Russo e al fuggitivo Liboni.
Delitti cruenti e stupri di gruppo legano indissolubilmente la storia recente con quella passata: Sonzogno, Pecorelli, Pasolini sono solo alcune delle vittime di una Città che ha visto quotidinamente farsi rosso il sangue sulla lama del coltello. Nonostante la prudente impostazione saggistica, il libro presenta un grande talento affabulatorio; ci chiediamo se la bravura sia degli autori o, ancora, dell’Eterna Meretrice, con i suoi sampietrini e le sue chiese, un locus amenus finalmente riconsegnato alla patria del noir, che nulla ha da invidiare alle moderne ambientazioni francesi o americane. E’ un libro da leggere e sfogliare, in cui poco importa la cronologia dei singoli casi, essi hanno vita propria e una soluzione ancora lontana.