Non sappiamo più da quanti anni è che incontrarci con lui faceva parte del rituale. Partendo dal Salone del Libro di Torino fino ad arrivare, più recentemente, al Book Pride, uno squillo sul cellulare annunciava immancabilmente il suo arrivo mentre, nel nostro stand, si liberava uno spazio per ospitare il suo zaino e la sua giacca, in modo che potesse essere più libero di girare tra i corridoi della fiera a caccia degli esemplari più pregiati di quelle creature da lui amate così tanto: i libri.
Recentemente, nel corso di Tempo di Libri, a Milano, immaginavamo di vederlo arrivare da Brescia. E già pregustavamo il momento in cui, dopo esserci presi in giro sui reciproci gusti letterari, avremmo potuto avere la sua visione rispetto alle polemiche e alle relative operazioni commerciali agitate dietro l’organizzazione della nuovo Fiera dell’Editoria Italiana.
Questa volta, però, la sua telefonata non è arrivata. E il posto riservato al suo zaino e al suo giacchetto nel nostro stand è restato vuoto.
Ci sono mille ottimi motivi rispetto ai quali una persona così attenta alle vicende editoriali, lettore formidabile e impeccabile conduttore radiofonico di una trasmissione non certo a caso dedicata ai libri può comunque mancare a una fiera tutt’altro che memorabile come quella di Milano. Ma il motivo, questa volta, era tra quelli che si può tendere per paura a far finta che non esistano, finché la realtà non ci richiama alla più tragica delle scoperte.
Giambattista “Sancho” Santoni stava male. Giambattista “Sancho” Santoni ha lasciato le cuffie radiofoniche sul comodino e oggi, 29 aprile, i compagni e le compagne del Magazzino 47 di Brescia aprono le porte del centro sociale per un saluto collettivo destinato a far scorrere lacrime e a far alzare pugni al cielo ben oltre i confini della città lombarda.
Era impossibile non volere bene a Sancho.
A lui dobbiamo un’attenzione e una curiosità nei confronti dei nostri libri preziosa e rara.
La voce dei nostri autori e delle nostre autrici accanto alla sua, presente in tante registrazioni che ora non abbiamo il coraggio di riascoltare ci appare per ciò che è: un onore e un privilegio.
Ma quanto deve l’intera scena controculturale italiana a Sancho e al suo zaino pieno di libri? A Sancho e alla sua trasmissione su Radio Onda d’Urto? A Sancho e allo spazio-libreria da lui curato nel corso della festa agostana della Radio?
Da domani sarà il tempo a dettare l’evidenza di una mancanza tragica sul piano umano, politico e culturale.
Ora possiamo solo piangere insieme ai compagni e alle compagne di Brescia e di tutta Italia. Insieme ai tanti e alle tante che gli hanno voluto bene e che gliene vorranno sempre.
Insieme ai libri, innumerevoli, a cui la sua passione ha infuso quell’afflato collettivo che per semplicità continuiamo a chiamare vita.
Ciao Sancho,
con rabbia e con amore.
Red Star Press