La Scintilla a Milano

VENERDI’ 20 MAGGIO dalle ore 21:00, presso la PANETTERIA OCCUPATA di via Conte Rosso 20 (Milano) PRESENTAZIONE DEL LIBRO di Cristiano Armati “LA SCINTILLA. Dalla valle alla metropoli, una storia antagonista della lotta per la casa“, con la partecipazione dell’autore, e proiezione del video “Io la casa me la sto lottando”, a cura del Movimento Casa Pioltello.

La Scintilla a Milano

Presentando “La Scintilla”, di Cristiano Armati, vogliamo riportare e socializzare il contributo di un compagno romano attivo nel movimento di lotta per il diritto all’abitare sviluppatosi in questi anni nella capitale; il libro ha il pregio di mostrarci, sin dalle prime pagine, la necessità e la capacità di un movimento di affrontare in modo ampio e complessivo le necessità e i bisogni di una porzione crescente di proletari, italiani e immigrati. La crisi, le ristrutturazioni, la ridefinizione del welfare, le sempre peggiori condizioni di lavoro (quando c’è) determinano infatti un sempre maggiore impoverimento delle classi subalterne. Ma questo implica anche possibili terreni di mobilitazione, e la lotta per la casa ne è infatti un chiaro esempio.
Da un lato, la gestione della “questione abitativa” da parte del potere politico è in continua evoluzione, non solo per l’aumento di sfratti e sgomberi, ma anche per quanto riguarda l’edilizia pubblica, sempre più investita da processi di dismissione o privatizzazione, (legge regionale della giunta Maroni in approvazione a Giugno) e nello sviluppo delle metropoli, dove intere zone vengono riqualificate e gentrificate a seconda delle esigenze, o ancora per la nascita di nuove forme “intermedie” di offerta abitativa, quali lo housing sociale. Dall’altro lato, sempre maggiore, e anch’esso in evoluzione, il tentativo di organizzarsi per fare fronte al problema, con la creazione di comitati che concretamente cercano di costruire una rete tra abitanti dei quartieri popolari, occupanti, sfrattati e solidali. Cercheremo quindi di approfondire il nostro punto di vista su entrambi gli aspetti.
Il video del Movimento Casa Pioltello è anch’esso un breve collage che, attraverso testimonianze e momenti di azione, cerca di mettere a fuoco le dinamiche e le ragioni di una lotta che partendo dai quartieri dove si sviluppa cerca di raggiungere una dimensione più ampia. Vuole essere uno spunto, ne descrive la forza, le potenzialità e le contraddizioni.

Comitato di Lotta per la Casa Lambrate

Modena, Roma: ricordate che questo è Stato

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici…

a.roma

a.modena2

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi

(Primo Levi)

a.modena

La carota arancione e il mistero delle liste sbagliate

Potrebbe essere una mossa “intelligente”: piuttosto che rassegnarsi alla necessità di ritrovare nelle lotte reali un’identità di sinistra, “sbagliare” nel momento della consegna delle liste. Così quell’approssimativo cinque per cento degli odierni sondaggi può essere congelato e venduto a Giachetti, a cui un pugno di voti potrebbe costare non la vittoria, ma l’automatica esclusione persino dal ballottaggio. Allo stesso modo, alzare le braccia e scuotere la testa di fronte all’“errore materiale”, correndo poi a ripararsi sotto l’ombrello del renzismo, non è forse la strategia migliore per quel pezzo di ceto politico deciso a difendere con le unghie, con i denti, e magari pure con qualche “distrazione” di troppo, il proprio ruolo di stampella “sinistra” del Partito Democratico e relative poltrone?
«Non c’erano altre scelte», potrà dire in futuro chi intende far ingoiare la carota arancione ai resti – cioè: ai resti dei resti dei resti – di un elettorato recalcitrante a portare acqua al mulino di un PD che, evidentemente, continua a stringere il bastone dalla parte del manico, per abbassarlo spesso e volentieri sulle teste di chi contesta a qualunque titolo le gesta del ducetto di Rignano.
Che poi, insomma, per fortuna che esiste il complottismo. Altrimenti bisognerebbe ammettere che in giro c’è una manica di persone che sbandiera a destra e a manca la propria convinzione di possedere le ricette giuste per temperare il capitalismo (non c’è mai riuscito nessuno semplicemente perché è impossibile), ma che poi non sa nemmeno mettere un po’ di nomi e di cognomi in colonna.
«È il riformismo bellezza».

La faccia della beneficenza: considerazioni sulla responsabilità dello stato di salute del poeta Valentino Zeichen

«Aiutiamo Valentino Zeichen». Il grido prorompe dalle gole di Luigi Manconi, Ermanno Olmi, Piera degli Esposti, Sandro Veronesi, Edoardo Albinati, Sergio Zavoli, Luigi Ontani, Edoardo Nesi, Alessandro Bergonzoni, Giuseppe Conte, Francesca Pansa, Marino Sinibaldi, Edoardo Camurri, Michela Marzano, Mario Tronti ed Elido Fazi, firmatari di un appello con cui si chiede che al poeta romano nativo di Fiume venga erogato il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli – il contributo straordinario, cioè, a cui può ambire chi, essendosi particolarmente distinto in campo artistico, culturale o sportivo, venisse a trovarsi in una situazione economica grave.
Nell’attesa che la burocrazia faccia il suo corso, le iniziative pro-Zeichen messe in campo dagli intellettuali si moltiplicano. E la stessa Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma si mette a disposizione per una serata organizzata allo scopo di raccogliere fondi. La necessità di simili eventi è dettata da circostanze amare. Zeichen, 78 anni, è stato colpito da un ictus emorragico e, mentre è sottoposto a un delicato percorso di cura e riabilitazione, appare chiaro che non sarà più possibile per lui tornare ad abitare nella precaria casupola di Borghetto Flaminio dove ha vissuto per decenni. Gli intellettuali che sostengono il poeta su questo sono chiari: Zeichen avrà bisogno di un ricovero più stabile, di assistenza costante e di sempre nuove cure che, com’è noto, costano. Ma proprio questo, in effetti, è il punto: che il valore della poesia di Zeichen sia riconosciuto da tutti, nulla toglie alla necessità, di fronte alla malattia e alla vecchiaia, di poter contare su un sistema sociale capace di riconoscere simili, umanissime esigenze e di farvi fronte. Perché se c’è una cosa che improvvisamente accumuna Zeichen ad altri milioni di comuni mortali che non scrivono poesie è proprio la malattia e la vecchiaia: milioni di persone senza volto né voce costrette a subire i rigori del nulla quando non hanno i mezzi per provvedere in autonomia al proprio ricovero e alla propria cura – o al ricovero e alla cura dei propri cari.
Non è atroce tutto questo? E non è assurdo che proprio il campo “intellettuale” si distingua per la sua incapacità di generalizzare, e quindi di politicizzare, le condizioni di Valentino Zeichen, collegandole a quelle di una massa costretta a subire i costi della crisi e a pagare – letteralmente – con la propria vita i rigori di un welfare ridotto allo zero?
Eppure, mentre fuori dai cenacoli in cui gli intellettuali pro-Zeichen si danno convegno si fanno i conti con il dramma di una situazione in cui il diritto alla salute è negato esattamente come quello alla casa, al lavoro, all’istruzione e a una pensione decorosa, ecco che a leggere meglio i nomi di chi chiede allo Stato di aiutare l’anziano poeta in difficoltà non si capisce più se quell’appello sia serio o se, in realtà, non ci sia dietro una gigantesca presa in giro. Perché non occorre alcuna patente da intellettuale per sapere che se Zeichen e altri milioni di anziani in Italia sono costretti all’indigenza, questo è dovuto a precise responsabilità politiche e alle finanziare lacrime & sangue varate – per parlare degli ultimi anni – dai governi Monti, Letta e Renzi, cioè, per restare tra i firmatari dell’appello di cui stiamo parlando, dagli stessi Edoardo Nesi, Mario Tronti (sì, proprio l’uomo che molti si ostinano a ricordare quale padre dell’operaismo italiano…) e Luigi Manconi, che di questi governi fanno o hanno fatto parte.

La firma di Nesi, Tronti e Manconi sull’appello pro-Zeichen sarà senz’altro molto meno pericolosa di quella che questi personaggi hanno già messo su un ventaglio di provvedimenti che spaziano dall’abolizione dell’articolo 18 al Jobs Act, dalla «buona scuola» al piano casa di Renzi e Lupi, con quale faccia ora possono riuscire ad associarsi per segnalare alla pubblica assistenza una persona la cui situazione è precisamente collegata ai provvedimenti che loro stessi hanno contribuito ad emanare?
La saggezza popolare non ha dubbi e, da sempre, stigmatizza una simile ipocrisia associando alla parola «faccia» il termine «culo». Mentre l’intero mondo della cultura è chiamato ad assumersi precise responsabilità, specialmente quando piange aiuti di Stato, sovvenzioni e sgravi fiscali senza avere, per ovvie ragioni di classe, alcuna intenzione di analizzare le proprie rivendicazioni in un ambito più largo, lo stesso ambito in cui l’unica domanda che ha senso porsi è «cosa me ne faccio di un libro se non ho nemmeno una casa?».
Augurando a Valentino Zeichen di rimettersi presto e a tutti gli anziani privi di copertura previdenziale di marciare compatti contro chi si arricchisce con i soldi delle loro pensioni mancate ed edifica le sue carriere politiche al servizio dei poteri forti, dedichiamo agli intellettuali di questi tempi grigi le parole di un altro poeta. Si chiamava Ho Chi Minh e diceva che anche i poeti devono imparare a lottare.

Gli antichi si dilettavano
a cantar la natura:
fiumi, montagne, nebbia,
fiori, neve, vento, luna.
Bisogna armare d’acciaio
i canti del nostro tempo.
Anche i
poeti
imparino a combattere!

Filippo Andreani, Gang e Lettere dalla Strada al CSOA “La Strada”

Lettere dalla strada a La Strada

ROMA, 16 aprile 2016: è una grande serata quella che si prepara al CSOA “La Strada” di via Passino 24, a Garbatella. Ad aprire il concerto di Filippo Andreani, in tour con il suo album solista “La prima volta”, oltre ai mitici Gang dei fratelli Severini anche il reading per voci sole e chitarra combat rock dei “Lettere dalla Strada”, la sigla collettiva del trio formato da Angelo “Sigaro” Conti, Cristiano Armati e Yari Selvetella.

La lingua mia

La lingua mia,
ce lo so
fa ride’ i polli
ma io la vojo adoprà
pe’ tirà giù li santi,
trova’ parole
bone pure pe’ li sordi,
quelle che dar letto
sgrulleno l’amanti.

Dicheno bene de li fanti,
chi se ne frega
io nun faccio sconti,
nun faccio sconti ai vivi e manco ai morti.

Le belle idee
me riempeno la panza,
er core nun lo butto giù’n casanza,
l’omini tengono bassa la capoccia
soltanto se l’ignoranza se li campa.

La vita,
ce sta chi se lo ricorda
nun sta a fa ‘e scintille colla legna,
ma
tra li mejo posti
se capa quelli ‘ndo la libertà ce regna.

E allora
nun scopro l’acqua calla
se li peggio ladri
li trovo ar Palazzaccio
e,
se la giustizia credo storta
me la pijo co’ chi è ‘nfame
e co’ chi è guardia.

Me la pijo co’ chi è ‘nfame e co’ chi è guardia
però
nun me piace chi se lagna,
ar potere, nun je vojo dà importanza
ce sta la lotta che m’aspetta nelle piazze
allora arzo er pugno
e ve saluto a tutti quanti.

T’hanno scritto che sei romena e te fai pure le foto mentre sorridi?

Un giorno arrivo al bar e prima che apro bocca per farmi dare una canadese, Tremolina, che al bar ci abita, subito mi dice: «Hai visto che ha fatto Carpano?».

Se a Carpano fosse capitato qualcosa di veramente, veramente brutto, lo avrei capito subito. Perché accanto al nome della persona, Tremolina, come si fa in questi casi, avrebbe aggiunto la parola “poro”. Usare le parole per dire della morte porta male a chi lo fa, quindi non sarebbe servito andare oltre, sarebbe bastato dire “hai visto che ha fatto er poro Carpano?” e avrei capito; come aveva capito la barista, che la canadese la tira fuori dal frigo senza che io aggiunga nulla al solo fatto di essere là…

Che ha fatto Carpano?

Me lo chiedo con la canadese in mano e il mento all’insù, per invitare chi avevo di fronte a spiegarsi meglio.

«Giù al cantiere, stava a lavorà, un manovale rumeno j’ha fatto rodè er culo, che ne so… l’ha preso a pizze e questo è cascato giù dar ponteggio…».

Rimanevo ancora in silenzio. Allora Tremolina aggiunge: «Stavano a dodici metri, mica cazzi».

E poi: «So arrivate le guardie e se lo so’ portato via».

Tiro un sorso di birra dalla bottiglia: «Ah»; poi mi metto una mano sulla faccia. Anche nominare ciò che rende romani porta male. Fare il gesto che significa essere stato carcerato può bastare. Però no, mi confida Tremolina: «Se lo so’ tenuto a bottega mezza giornata e l’hanno riportato a casa. Me sa che j’hanno dato i domiciliari».

«Ciaveva moje e tre figli», dice la barista. Ma parla del manovale romeno. Tarpano, a quarant’anni, abita ancora con la madre, nessuno gli conosce una ragazza, ma che è uno che si incazza facile lo sanno tutti. Devi esse’ scemo pe’ fa a cazzotti a dodici metri: se lo piji, chi cìai di fronte lo ammazzi – o vai a morì ammazzato te, per carità. Per le guardie, comunque, deve esse stato un incidente e quindi niente gabbio. Mejo pe’ Carpano.

S’è fatta una certa. E dentro al bar suona la musichetta del telegiornale. Edizione della sera. Parla di una ragazza morta sotto la metropolitana. Dice che è stata una prostituta. Dice che l’ha ammazzata con la punta di un ombrello.

Che strano, penso.

Di film ne ho visti tanti, ma in nessuno c’è mai stato un assassino che va in giro a fare i morti con l’ombrello.

Che strano, penso.

Se uno fa il falegname, il farmacista, il giornalista, il pescivendolo, il facchino, il fabbro, l’agente immobiliare, l’impiegato, il giocoliere, il tabaccaio, il contadino, il cavolo che gli pare, mica lo dicono falegname, farmacista, giornalista, pescivendolo, facchino, fabbro, agente immobiliare, impiegato, giocoliere, tabaccaio, contadino o il cavolo che gli pare se c’è un arresto.

Che strano, penso.

Se uno è italiano mica lo dicono se c’è un arresto.

Una volta sì, lo facevano. Dicevano calabrese, leccese, siciliano, foggiano e napoletano, pure se uno era di Salerno, di Avellino o di Caserta. Adesso hanno smesso. Dicono romeno se è bianco o senegalese se è nero.

E se dicono romeno o senegalese, poi è dura che aggiungano che «è stato un incidente», non importa più quello che è successo.

E infatti nemmeno questa volta lo fanno. Passano i giorni e di questa ragazza che chiamano prostituta si viene a sapere che ha preso la condanna più dura di tutta la storia della Repubblica italiana per un omicidio preterintenzionale. Al bar, se dici che a questa – che la chiamano prostituta – se la so’ bevuta così male, ai politichi che rubbeno, allora, che toccherebbe da’ faje?; tutti fanno a gara pe’ aggiunge che ce vorrebbe ‘n sacco de benzina co’ li politichi, pe’ daje foco a tutti insieme alla mejo anima de li mortacci loro…

Quella che chiamano prostituta intanto ‘sta al gabbio.

Poteva fa la fine de Carpano, che il reato mica era tanto diverso, però a lui non je l’avevano scritto sul giornale che era romeno.

Carpano, sul giornale, non ce l’hanno proprio messo. La ragazza che chiamano prostituta sì, e lei era finita pure in televisione se è per questo. Infatti, una volta che è uscita in semilibertà, si è fatta una foto al mare mentre sorrideva e così se la so’ bevuta n’antra volta.

Aoh, ma che sei de coccio?

T’hanno scritto che sei romena e te fai pure le foto mentre sorridi?

Prima gli italiani.

Informare per sovvertire il presente: Armati a Lucca

Informare per sovvertire il presente

Che ruolo può avere il giornalismo oggi? Semplice mezzo di distrazione di massa e fabbrica del consenso dei governi? Se i media sono nemici delle lotte sociali e dei movimenti, perché non costruire media alternativi alla narrazione dominante?

Queste sono alcune delle domande a cui ci piacerebbe dare una risposta. Come compagne e compagni di un movimento che non trova la sua rotta, ci chiediamo se una via per uscire dal ghetto e “assaltare il cielo” passi dalla narrazione di quello che è il mondo di sotto, dalla collettivizzazione dei saperi e dalla ricerca di un nuovo linguaggio e di nuovi strumenti per interpretare il presente.
Le lotte sociali esistono ancora nel mondo, in Italia e nel nostro territorio. Sappiamo bene che esse sono la speranza migliore per sovvertire i rapporti di forza e avere anche una sola chance di riscatto, ma sappiamo altrettanto bene che mai come oggi queste lotte vivono una fase di isolamento e mancanza di consenso, per questo è fondamentale fare quadrato, mantenersi uniti davanti al neo-liberismo e cercare di allargare la propria base sociale ricostruendo una coscienza di classe che non è perduta.

Discuteremo di futuro, lotte, media, e movimenti sociali con Cristiano Armati di Red Star Press – Hellnation Libri , e le redazioni dei giornali Informazione Anticapitalista da Viareggio e Riscatto da Pisa.
Durante la giornata verrà presentato Il Tafferuglio – Cronache dal mondo di sotto, sito d’informazione, megafono di lotte e visioni partigiane della società.

A seguire APERITIVO di finanziamento del progetto!
Presso la Biblioteca Popolare Quartiere San Concordio, Via Urbiciani 362, Lucca